Le poesie brevi di Ermanna Aleandri, raccolta poetica di Gianluca Martinez, 40 liriche in versi sciolti su attimi e frammenti di pensiero senza filtro, composte tra il 1996 e il 2016, nel contesto urbano di una Torino più che mai decadente. Liriche scarne, liriche assenti, sguardi asciutti verso dettagli privi di forme. La poesia contemporanea come prospettiva di espressione libera da modelli, tendenze, contenuti e contenitori, introspettiva e disincantata, eppur densa di speranza e amorevole verso un disastroso eppur meraviglioso futuro.
Gianluca Martinez, Le poesie brevi di Ermanna Aleandri, Torino, Edizioni Controarte, 2017.
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Dall’introduzione
Audacemente mi avvalgo ogni volta della facoltà di non rispondere. E sempre più mi accorgo di non aver ben compreso le domande. […]
E se qualche irriverente volesse suggerire che io, con la mia risposta, proprio non faccio “testo”, sorriderei senza dir nulla, nell’evidenza del fatto che “il testo” lo faccio, lo faccio eccome.
In qualsiasi caso, è proprio questa l’immagine che conferma l’ineluttabilità di questo mio lavoro: la vera Ermanna Aleandri nel suo momento di infinito stupore inciampando in me, suo finto omonimo.
Le poesie di Ermanna Aleandri, ovvero le poesie di Gianluca Martinez, sono quanto di più elementare possa produrre un’elevata complessità ben celata. Non scivolano, ma incespicano in continuazione come un vecchio saggio col suo bastone.
(dalla quarta di copertina)
Poesia “8”
Miele,
ritornelli di leggerezze,
le foglioline svolazzano nella frescura,
le vivacità scongelavano rosei ronzare.
Miele,
chicchi di graziosità,
una formichina sciaguatta una goccia di ieri,
un sole precipitava in lontananza,
zuccherino.
Miele
imperlando sulla pelle,
poi invadendo le viscere,
miele nel latte, miele sul fuoco,
miele mi chiedi,
miele tu sei,
e ora resta,
zuccherino giallo chiarore.
Poesia “13”
Ghigno istrionico, fulgida scure, greve fronzolo
ferisci reconditi fulgori,
rapisci silenzi infecondi,
tradisci sessi lisci,
imperlati di pali pravi.
Sintagmatiche le sirene rigurgiteranno il tuo limo,
limo silvestre, limo frastuono,
limo suino,
che investe di eroità
le vestigia,
circonferenze
che delle semplicità la perifrasi
mai sancisce,
nè mai
panegirici di odio
teme.
Tra gracchianti calabroni
bastonati dai cani
indifesi.
E non temere.
Non a caso, sono solo parole.
Poesia “29”
E dunque sia pioggia
disarmami appena
lava via
dai sudici panni
il sentir mio
che è dolce
e richiama
lava via
dal manto i germogli
dal passo la sterpaglia
e lava via
il candor di lei
che chiede
e non brama
il sapor di lei
che dorme e sciama
e corre a me
qui
dove nullo è il volo
e dove è vana ancora
ogni sua attesa